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Opinioni

Twitter a Wall Street, luci ed ombre sulla quotazione in borsa del social network

Twitter debutta in borsa tra incertezze, paure e denunce. Un’analisi di come cambierà il social network ed i motivi per i quali avrà un destino diverso da quello di Facebook.
A cura di Dario Caliendo
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Quindi ci risiamo. Arriva a Wall Street un altro servizio web "gratuito" con un nome stupido, che di certo gode di alcune entrate ma che non sono ancora sufficienti a coprire i costi operativi, e con un modello di business che può sembrare un po troppo superficiale per una quotazione in borsa.

Come tradizionale accompagnamento per l'importante svolta di Twitter, abbiamo il solito trambusto mediatico, ricco di speculazioni sfrenate sulle valutazioni e di cronaca rosa su quanto cambierà la società fondata nel 2006 dopo la quotazione in borsa. E ci sono anche tantissimi "comuni mortali" che si domandano come una società con pochi dipendenti e nessun prodotto fisico può valere più di una impresa che rende le cose reali e le vende ai clienti.

Il primo tweet della storia è Jack Dorsey, il co-fondatore del network
Il primo tweet della storia è Jack Dorsey, il co-fondatore del network

IL PARAGONE OVVIO E' CON FACEBOOK. Dopo tutto, sono entrambi social network, giusto? Ed i loro modelli di business appaiono, in definitiva, molto simili: entrambi sono basati sulla pubblicità o, per dirla con un termine più "crudele", sulla monetizzazione grazie ai propri utenti. Ma Facebook è molto più grande e con i suoi 1,15 miliardi di utenti (rispetto ai 215 milioni di Twitter), per ogni singolo utente riesce ad avere un guadagno sensibilmente maggiore.

Twitter spera di superare il miliardo di dollari dalla sua offerta pubblica iniziale (IPO), cifra molto più vicina agli 1,6 miliardi che ha raggiunto Google nel 2004, rispetto ai 16 miliardi di Facebook nel 2012. Un'IPO inoltre, caratterizzata da una domanda "confidenziale", che le ha permesso di arrivare alla quotazione senza svelare pubblicamente i dettagli della propria situazione finanziaria e che è stata "macchiata" da una denuncia depositata da due fondi americani, che la accusano di aver progettato nel 2012 un collocamento fittizio dei titoli, per gonfiare la valutazione dell'azienda e far aumentare l'interesse degli investitori: una denuncia che potrebbe costare al social network 24,2 milioni di dollari di risarcimento a favore di Precedo Capital e Continental Advisors, ed altri 100 milioni di dollari di multa.

CONTENUTI DEMOCRATIZZATI. Mentre è ovvio che Facebook è un servizio di social networking, nella sua S1 Filling (il documento che le società devono depositare alla US Securities and Exchange Commission, al fine di ottenere la quotazione in borsa), i proprietari dell'azienda descrivono Twitter come "una piattaforma globale per la pubblica auto-espressione e di conversazione in tempo reale", che vanta lo sviluppo di "un nuovo metodo fondamentalmente per creare, distribuire e coprire i contenuti". Insomma, definire Twitter come social network non basta, ed il paragone che tutti fanno con Facebook è sbagliatissimo: la piattaforma di micro-blogging ha più volte dimostrato di essere un'importante fonte di notizie ed un canale utile per eludere la censura legale o governativa.

Uno degli avvenimenti più importanti nella storia di Twitter è avvenuto il 15 gennaio del 2009, quando un volo della US Airways precipitò nel fiume Hudson ed un utente, 15 minuti prima della distribuzione ufficiale della notizia, twittò una foto del velivolo accompagnata dal testo "C'è un aereo nell'Hudson. Sono sul traghetto per andare a recuperare i feriti. Pazzesco".

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In modo meno astruso, quando WikiLeaks è stato privato dei servizi DNS durante lo scandalo "Cablegate" – che ha reso il sito non raggiungibile per molto tempo – Twitter è stato il canale attraverso il quale è stata condivisa la nuova URL del servizio.

IL CAMBIAMENTO. Cosa vuol dire tutto ciò? semplice, che la metamorfosi di Twitter da un'azienda privata ad un'azienda "pubblica" è più significativa della maggior parte dei collocamenti in borsa. Le Public Corporations, sotto un certo aspetto assomigliano agli Stati: possono farsi vanto dei propri valori etici e morali, ma alla fine seguono esclusivamente i propri interessi nazionali (o aziendali) il che, nel caso specifico, significa gli interessi degli azionisti.

Ed è qui che viene a galla la grande debolezza dei cosiddetti servizi "gratuiti" come Facebook e Twitter. Per andare avanti, per prosperare, devono trovare un modo di monetizzare attraverso gli utenti, ed a quanto pare attualmente l'unico modo per raggiungere questo obiettivo è quello di invadere la privacy degli utenti stessi: con i nuovi algoritmi (che, in soldoni, decidono automaticamente cosa deve vedere il singolo utente nella propria Timeline), Facebook utilizza una tecnica di sponsorizzazione ben più invadente rispetto a quella attuale di Twitter, che con i suoi post sponsorizzati è riuscito a rimanere molto più discreto. Insomma la domanda è una: Twitter rimarrà lo stesso dopo lo sbarco in borsa?

IL RISCHIO DI FLOP. Le ombre, i dubbi e le paure sulla quotazione, quindi, non mancano. E' ovvio che la speranza dei fondatori del social network sia quella di non fare la fine di Facebook, che nel 2012 aumentando drasticamente sia il prezzo che le dimensioni del collocamento alla vigilia dello sbarco in Borsa, ebbe un crollo dell'11% nel suo secondo giorno di quotazione.

C’è poi il problema dei profili fasulli, che farebbero aumentare in modo non giustificato il valore dell'azienda: si tratta sostanzialmente di bot automatizzati, il cui scopo primario è quello di raccogliere il maggior numero di dati personali possibile, da poi utilizzare per la produzione di spam, ma che vengono utilizzati anche dalle aziende o dai politici per far aumentare il proprio valore in base pubblico virtuale (come è capitato al profilo di Barak Obama). Nei documenti presentati per l'IPO, Twitter ha dichiarato di avere 215 milioni di utenti attivi mensilmente, ben evidenziando che i profili fake sono meno del 5%. In realtà però le cose potrebbero essere sostanzialmente diverse: PRWeek, lo scorso aprile ha pubblicato uno studio statistico, secondo il quale almeno 20 milioni di profili del social network non corrispondono ad utenti reali.

Le differenze tra Facebook e Twitter, tuttavia, sono evidenti. A partire dai bilanci, fino ad arrivare dalle modalità con le quali le aziende si sono preparate per l'arrivo a Wall Street: la via “confidenziale” scelta da Twitter, permetterà all'azienda di nascondere i dati finanziari ai concorrenti nel momento che precede la quotazione, e soprattutto di evitare il boom di anticipazioni che ha causato non pochi problemi a Facebook. E' pur vero però, che una società che deve la propria fortuna e la propria diffusione alla trasparenza ed alla comunicazione istantanea, avrebbe dovuto scegliere una modalità diversa per arrivare a Wall Street.

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