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Riforma europea sul Copyright

Le lobby frenano i negoziati: la direttiva sul copyright è rimandata a gennaio

I negoziati di metà dicembre dovevano servire a rendere più omogeneo l’accordo sulla direttiva europea sul copyright e invece si sono trasformati in una nuova occasione di scontro, rendendo necessario rimandare tutto a gennaio. A questa fase di stallo ha contribuito molto anche l’intensa attività di lobbying.
A cura di Francesco Russo
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I negoziati di metà dicembre dovevano servire a rendere più omogeneo l'accordo sulla direttiva europea sul copyright e invece si sono trasformati in una nuova occasione di scontro, rendendo necessario rimandare tutto a gennaio. L'ultima riunione del "triologo", ossia la riunione congiunta dei rappresentanti di Commissione, Consiglio e Parlamento europeo per trovare una posizione di sintesi alla normativa sul diritto d’autore, dopo il voto favorevole dello scorso 12 settembre, si è risolta in un nulla di fatto, arenandosi sugli stessi punti che in realtà scontentano tutte le parti in gioco. Quindi sull'articolo 11, quello che sancirebbe il diritto degli editori a vedersi riconosciuti parte degli utili che i grossi player del web realizzano con la messa online di contenuti fatti da altri, e l’articolo 13, quello che sancirebbe la tutela delle opere la cui diffusione non è autorizzata. A questa fase di stallo ha contribuito molto anche l'intensa attività di lobbying.

La direttiva europea sul copyright registra un nuovo stallo, i negoziati che avrebbero dovuto sbloccare la norma in realtà hanno finito per accentuare le diversità di vedute di tutti gli attori in gioco. La discussione si è arenata sui due articoli che rappresentano il cuore della norma stessa, il riferimento è sempre agli articoli 11 e 13 su cui si registra il massimo dell'attenzione. Non si riesce a trovare un punto di equilibrio perchè gli interessi in gioco sono tanti e alti. Per quel che ci riguarda, abbiamo già espresso la nostra opinione che la norma così com'è rappresenta un pericolo per la libertà delle persone.

L'intensa attività di lobbying registrata in questi giorni vede da una parte le aziende degli editori che temono che questa norma possa dare un peso maggiore a Google e, dall'altra, le lobby dei grandi player del web, Google stessa ha chiarito la sua posizione e ha anche minacciato di disattivare Google News in Europa. Val la pena ricordare che, in seguito ad una norma denominata "Google tax", in Spagna si registrò un calo del 14% del traffico verso i siti degli editori. Questo è un altro elemento da tenere in considerazione. E poi ci sono anche i giornalisti che fanno sentire la loro voce all'interno di questo acceso dibattito. In una lettera i giornalisti europei scrivono: "In forza di una nuova vasta campagna di lobbying, i giganti del web sono sul punto di riuscire a svuotare il testo della sua sostanza: cercano di fare escludere dal dispositivo quelli che vengono definiti come ‘brevi estratti', ‘fattuali' o anche ‘snippets', e puntano a escludere le agenzie di stampa e la stampa specializzata, a ridurre la durata di protezione dei diritti connessi".

Come già sottolineato, questa norma rischia di essere molto pesante per tanti piccoli e micro editori che, in virtù dell'articolo 13, dovranno dotarsi di strumenti per operare il controllo preventivo e mettere a punto un sistema di filtraggio che comporterebbe degli ulteriori costi.

La discussione sulla norma riprenderà a questo punto a gennaio, con il rischio che la stessa discussione venga ancora prorogata in modo da essere discussa in via definitiva da un nuovo parlamento. Infatti, e questo era il rischio che tutti volevano evitare, nei prossimi mesi si inizierà la campagna elettorale per le elezioni europee di giungo 2019, inevitabilmente il rischio che la norma si trovi ad essere tema elettorale e, peggio ancora, perennemente arroccata, è molto alto.

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