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Opinioni

Mark Zuckerberg è sceso ufficialmente in politica (e ha anche uno slogan)

Delle ambizioni politiche di Mark Zuckerberg se ne parla ormai da un anno. Oggi, però, la sua discesa in campo sembra sempre più reale. Con l’impegno nella lotta contro chi vuole eliminare il DACA e allontanare i Dreamers dagli Usa e il supporto della sua associazione Forward Us, il fondatore di Facebook sembra avere i mezzi e lo slogan per i suoi scopi politici.
A cura di Marco Paretti
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Gli elementi chiave ci sono tutti: volti e testimonianze, progetti politici, slogan e video promozionali. Osservando oggi i profili social di Forward Us, il progetto fondato da Mark Zuckerberg nel 2013, si potrebbe avere l'impressione di trovarsi davanti ad un partito politico. Un'ipotesi non poi così lontana dalla realtà. Oggi il fondatore e CEO di Facebook ha pubblicato uno stato sul suo profilo ufficiale nel quale invita tutti i suoi seguaci a chiedere al Congresso di lottare contro i cambiamenti alle politiche di immigrazione degli Stati Uniti introdotti lo scorso anno dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Cioè la fine del Deferred Action for Childhood Arrivals, più comunemente conosciuto come DACA. Il programma, introdotto da Barack Obama nel 2012, rientra nel quadro della gestione dell’immigrazione degli Stati Uniti e consente ai tanti immigrati irregolari arrivati negli States da piccoli, accompagnati dai loro genitori, di non ottenere l’espulsione nella terra dove, di fatto, sono cresciuti. I beneficiari di questo programma vengono chiamati Dreamers, nel segno di quel sogno americano che ambiva ad una prosperità sociale ed economica. E che ora la Silicon Valley vuole difendere.

"I Dreamers sono membri della nostra comunità e oggi 800.000 persone vivono nella paura con l'impossibilità di pianificare il futuro" ha scritto Zuckerberg sul suo profilo, riferendosi alla decisione che il congresso dovrà prendere nei prossimi giorni proprio in riferimento al DACA. "È una domanda basilare sul fatto che il nostro governo funzioni davvero. Il Congresso si riunirà e deciderà di muoversi in avanti o continueremo a rimuovere forzatamente quasi un milione di persone dal loro lavoro e dal loro paese? Sono ottimista che questo problema verrà risolto. Dalle mie conversazioni con i leader del congresso credo che vogliano correggere questa situazione, ma dobbiamo mantenere la pressione in modo che sappiano che li riteniamo responsabili". Sembra, senza tanti giri di parole, il discorso di un vero politico alle prese con il suo programma e le sue battaglie, che in questo caso vengono incanalate attraverso un movimento che lui stesso ha fondato.

D'altronde l'associazione tra Zuckerberg e politica non è una novità. Nel 2017 il CEO di Facebook non ha mascherato un atteggiamento che in molti ha instillato il dubbio che volesse effettivamente entrare nel mondo della politica. Prima le voci dei due anni "sabbatici" che vorrebbe prendersi da Facebook – ma senza perdere il controllo del social network – e poi il suo proposito per il 2017: visitare ogni stato degli USA entro la fine dell'anno. Poi, ad agosto, Zuckerberg ha assunto lo stratega della Clinton e, mentre diceva di non voler diventare Presidente degli Stati Uniti, ha continuato nella sua crociata di fatto politica in giro per gli states. Pochi giorni fa ha annunciato una modifica che toglierà spazio a media e brand in favore di amici e parenti all'interno del News Feed, un'altra mossa che qualcuno ha interpretato come politica.

Quello di oggi, però, segna un passaggio netto ed epocale per Zuckerberg, che sembra quasi non volersi più nascondere: ha ammesso di aver avuto contatti con i membri del congresso, di aver parlato di crisi e della risposta del governo, di essere in prima linea nella lotta politica contro chi vuole eliminare il DACA e cacciare i Dreamers del paese. Dreamers che, in gran parte, fanno parte della forza lavoro del social network, così come in molte altre aziende della Silicon Valley. Forward Us in questo sembra un vero e proprio movimento politico. Nei suoi ranghi, a parte il fondatore Zuckerberg e il co-fondatore Joe Green, figurano manager di spicco da aziende come Dropbox e Accel, ma anche Bill Gates di Microsoft. Tutti figurano oggi come fondatori. Se poi si guarda la lista dei contributori e dei membri, si ha in pratica un quadro pressoché completo della Silicon Valley e le sue perle. Che ora sono entrate con forza nel dibattito politico.

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Per Zuckerberg il tema dell'immigrazione è sempre stato fondamentale. Oltre ad aver fondato Forward Us, in passato ha donato ingenti somme di denaro a fondi collegiali per studenti non documentati e ha organizzato dirette video con immigrati irregolari dalla sua casa per consentirgli di raccontare le loro storie. La battaglia di Forward Us a pochi giorni dalla decisione del congresso sembra quindi solo l'ultimo passo – o il primo – di una discesa in campo che fino ad oggi è sempre avvenuta in modo per lo più discreto. Forward Us, più che un progetto, sembra uno slogan politico. Un proclama anti-Trump basato su un senso di associazione piuttosto che sull'isolamento voluto da chi intende eliminare il DACA. Forwars Us, Avanti noi, ma anche Avanti gli "Us", gli Stati Uniti. Non fa una piega. Le carte, insomma, sono state scoperte: Zuckerberg ha le idee, la fondamenta, lo slogan e, soprattutto, il supporto di un intero settore come quello tecnologico. A questo punto la domanda sorge spontanea: cosa succede quando la Silicon Valley e tutti i suoi servizi, le sue piattaforme e i suoi leader sbarcano in politica?

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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