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Obama incontra i top manager di Silicon Valley: chi incontra Berlusconi?

Obama convoca i CEO delle aziende protagoniste della tech revolution chiedendo loro di fare di più e meglio per l’innovazione, in Italia sono i privati a chiedere innovazione, ma Berlusconi ignora del tutto la questione.
A cura di Anna Coluccino
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Nonostante i misteri che circondano la cena che ha visto protagonisti Barack Obama e i maggiori tech executives di Silicon Valley, il solo fatto che il presidente degli Stati Uniti d'America abbia deciso di discutere i problemi della nazione insieme ai fautori della rivoluzione tecnologica, invitandoli ad innovare ancora e meglio il loro settore, è un segnale importante che delinea un progetto chiaro e senza equivoci: rimettere in piedi il Nord America puntando tutto sull'innovazione digitale e sulla proficua collaborazione tra pubblico e privato. Nessuno conosce, nei dettagli, il contenuto della discussione che ha animato la cena in questione, tutti i partecipanti si sono rifiutati di commentare e continuano a tenere uno stretto riserbo sulla vicenda, ma quel è che è notorio è che al centro di tutto c'è stata l'Agenda Digitale degli States. Come si può tornare competitivi? In che modo si possono creare nuovi posti di lavoro? Quali sono le nuove sfide dell'innovazione tecnologica? Queste le domande che Obama continua a porsi e che si è preso la briga di andare a porre, in prima persona, ai guru della tecnologia presenti alla cena tenutasi in casa di Jonh Doerr. Ma il presidente USA non si limita a porre domande, a chiedere agli altri di "fare qualcosa per l'America", agisce in prima persona, promette wi-fi per tutti gli statunitensi entro 10 anni e progetta il futuro della sua nazione.

Nel frattempo, proviamo a dare un'occhiata al nostro paese. I privati scalpitano, chiedono con forza un'Agenda Digitale per l'Italia, tentano di immaginare delle nuove realtà finanziarie, come la Banca Nazionale d'Innovazione, capaci di rilanciare l'innovazione tecnologica nel Bel Paese… E il pubblico? Che fa? Certo, è pur vero che a tenere a freno il nostro paese dal punto di vista digital-tecnologico c'è stata, soprattutto, una potente lobby privata che si è rifiutata di allargare i propri orizzonti, di investire, di svecchiarsi. Pur di restare appiccicata al proprio orticello, pur di non rischiare di perdere ciò che aveva, la lobby tecnologica italiana ha trascinato il paese nel passato remoto, senza capire che, con le giuste manovre, sarebbe stato possibile aprire nuove prospettive di guadagno e traghettare il paese verso il futuro. Ma il punto è un altro.

Se il privato non si comporta come dovrebbe, in un paese "normale", è il pubblico a preoccuparsi di fargli una bella strigliata. D'altronde, molte delle imprese appartenenti alla lobby di cui sopra sono diventate quel che sono proprio grazie ai finanziamenti pubblici, talvolta grazie a veri e propri "salvataggi di stato", e il governo non solo non presenta il conto, ma si disinteressa completamente della questione, lasciando che ognuno faccia ciò che crede sia meglio per la propria azienda, senza preoccuparsi di ciò che è meglio per il paese. La questione FIAT ne è un tristissimo esempio. Obama si è seduto al tavolo della discussione quando c'era da riprogettare il futuro di Chrysler ed ha imposto a Marchionne paletti precisi, Berlusconi dov'era quando c'era da discutere il futuro della FIAT? Se Obama avesse detto a Marchionne: "se il referendum non passa, fai bene ad andare a fare impresa in altri paesi", immaginate cosa sarebbe successo negli USA! Se un'azienda finanziata e rifinanziata con i soldi pubblici avesse minacciato di abbandonare il paese "finanziatore" per rincorrere lidi più floridi dal punto di vista dello sfruttamento della manodopera (perché di questo si tratta), Obama sarebbe stato a guardare in silenzio? Ovviamente no, e questo perché Barack Obama, con tutte le sue contraddizioni, fa il mestiere per il quale e stato eletto e non ha altro di cui occuparsi se non degli Stati Uniti. Non deve affrontare decine di processi, non deve varare leggi in grado di salvarlo dalla giustizia, non ha bisogno di svagarsi frequentando party selvaggi, non deve arrampicarsi sugli specchi per giustificare le reiterate menzogne alla nazione, Obama fa il presidente e prende parte, in prima persona, ad ogni importante svolta del suo paese.

Ed ecco che, anche sul piano dell'innovazione tecnologica, Obama chiama a raccolta i tech executives di Silicon Valley per chiedere loro di creare nuovi posti di lavoro, di fare il loro mestiere di innovatori, di immaginare soluzioni, di investire. Berlusconi, invece, incontra donnine giovani e allegre (talvolta troppo giovani, tavolta troppo "allegre"), incontra i suoi avvocati-parlamentari per discutere del varo di leggi e leggine in grado di salvarlo dall'ennesimo processo, passa le serate davanti al televisore aspettando il momento giusto per poter inveire contro i suoi accusatori attraverso il telefono, incontra (e sostiene) leader politici stranieri dalla dubbia moralità.

Tutto questo avviene mentre sono proprio i privati, in Italia, a lanciare l'SOS digitale: 100 tra i più importanti personaggi del mondo tech italiano hanno chiesto al mondo politico di lavorare insieme per dare un'Agenda Digitale e più di 18.000 persone hanno sottoscritto l'iniziativa. In sostanza, è avvenuto il contrario di ciò che sta accadendo negli USA: sono i privati a chiedere al pubblico di avviare una riflessione seria e ponderata sui tempi e sui modi con cui affrontare, fin da subito, il problema del digital divide e le sfide dell'innovazione. E Berlusconi non solo non ha inviato a cena i promotori dell'Agenda (lui che di cene se ne intende…) ma non ha degnato l'iniziativa neppure di uno sguardo, figuriamoci di una risposta. Ma se persino gli USA, che non sono certo "arretrati" dal punto di vista tecnologico, si preoccupano di restare competitivi, come può l'Italia non porsi il problema?

È molto semplice: non può.

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