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Metaverso

Qualcuno dica a Facebook che il futuro in realtà virtuale di Zuckerberg non interessa a nessuno

Mark Zuckerberg ne è convinto: nel futuro vivremo, lavoreremo e ci divertiremo in un mondo in realtà virtuale. Lo racconta senza spiegare come ha intenzione di costruire questo nuovo mondo, ma soprattutto senza rispondere a una domanda fondamentale: c’è qualcuno (oltre a lui) che vuole davvero vivere in questo Metaverso?
A cura di Marco Paretti
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Forse abbiamo aspettato troppo, forse è troppo tardi, forse non siamo più in tempo per svegliare Mark Zuckerberg dal suo sogno di un Metaverso in cui il mondo vive in uno spazio di realtà virtuale. Lui è convintissimo che sarà così, tanto da incentrare tutta l'annuale conferenza Connect di quest'anno sull'idea secondo la quale Facebook (o meglio, Meta) e tutti i suoi prodotti vengono integrati in questa sorta di universo parallelo in cui le persone possono incontrarsi, acquistare, fare sport e giocare. Praticamente il mondo di Ready Player One, solo che Zuck ci crede davvero. Ma siamo davvero sicuri che qualcuno (oltre a lui) voglia vivere in un mondo in cui al posto di andare a un concerto nella vita vera si decide di restare sul divano per vivere lo stesso concerto in realtà virtuale?

Ora qualcuno dirà che no, è solo un'alternativa, anzi un incentivo a vivere esperienze che altrimenti non potremmo mai vivere. Come un concerto dall'altra parte del mondo o una mostra del MOMA vista dal nostro divano a Milano. Certo, però l'idea di Zuckerberg è più profonda di così: nel suo futuro tutto è in realtà virtuale, dal lavoro ai concerti, passando per giochi, attività sportive e persino la birra con gli amici. Ci sono esperienze di allenamento in realtà virtuale, uffici e scrivanie digitali a cui sedersi per lavorare e stanze progettate da vari creativi dove incontrare gli amici. Il tutto da affrontare con un non meglio precisato visore per la realtà virtuale. Zuckerberg l'ha detto subito: stiamo parlando del futuro e non del presente. Che è un po' come dire: voglio fare questo, ma non so ancora come.

Il risultato, a un occhio attento, è il sogno di una persona cresciuta negli anni '90. Di fatto l'intera conferenza è l'equivalente di quei disegni sul futuro che si fanno da bambini, solo che a disegnarlo in maniera iperrealista è il capo di uno dei colossi più grandi della tecnologia mondiale. Che sogna ad occhi aperti. Già, perché finché Zuckerberg parla di realtà virtuale si rifà a una serie di esperienze che già oggi sono possibili: ambienti virtuali, interazioni tramite le mani e collaborazione tra utenti fanno già parte dell'offerta della piattaforma Oculus. Quando nel discorso fa capolino la realtà aumentata, invece, il discorso diventa davvero poco concreto. L'unico riferimento a un nuovo dispositivo è "Project Cambria", di cui comunque è stato detto poco se non che non saranno di certo un paio di RayBan.

Il nuovo Project Cambria
Il nuovo Project Cambria

Gli attori dei video indossano occhiali classici, chiaramente molto poco smart nella realtà ma qui fatti passare per l'esempio di ciò che in futuro ci permetterà di visualizzare un livello digitale sovrapposto alla realtà. Il problema è che quello che abbiamo visto durante Connect è del tutto irrealizzabile. Finché si tratta di menu che volteggiano sulle nostre mani va bene, ma quando si parla di vere e proprie videoconferenze tra ologrammi entriamo davvero nel reame dell'assurdo: in che modo un paio di occhiali smart potrebbero scansionare in tempo reale il nostro corpo? "Eh ma era un esempio", dirà qualcuno. Mica tanto, visto che di ologrammi in realtà aumentata e simili ha parlato direttamente Zuckerberg. Senza considerare il momento in cui la realtà aumentata si trasforma in realtà virtuale, trasportandoci in un ambiente totalmente digitale. Impossibile da fare con lenti trasparenti come quelle viste durante Connect. Dovremo cambiare occhiali? Passare a un secondo visore? Le lenti si oscureranno da sole? La conferenza non risponde a nessuna di queste domande sulla fattibilità del futuro di Zuckerberg.

Un Metaverso che onestamente non si capisce bene a chi dovrebbe interessare, a parte gli irriducibili appassionati di tecnologia. "Puntiamo ad avere un miliardo di persone nel Metaverso" ha detto Zuckerberg, ma davvero crede di poter convincere una fetta così ampia di popolazione mondiale a vivere una buona parte della loro vita in un mondo digitale? Forse in un mondo in totale lockdown da pandemia, ma nella vita vera? D'altronde lo stesso interesse nella conferenza non sembrava essere alle stelle: la diretta ha avuto una media di 20.000 spettatori globali. Ne mancano solo 999.980.000.

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A rendere ancora più complesso questo obiettivo è un tema che Zuck ha furbescamente evitato: questo futuro in realtà virtuale è a pagamento. O per lo meno lo è se volete fare qualcosa di divertente. La maggior parte delle esperienze, dei videogiochi e degli allenamenti virtuali fanno parte di app a pagamento, alcune delle quali già disponibili sul visore Oculus. Senza parlare di vestiti e accessori per il proprio avatar virtuale, da acquistare separatamente. Immaginatevi in un futuro in cui dovete spendere soldi non solo per i vestiti reali, ma anche per quelli digitali. Bello eh? Di questo tema non c'è traccia nella conferenza, anzi: Zuckerberg sembrava più interessato a spiegare che gli oggetti virtuali acquistati potranno essere utilizzati in tutto il Metaverso. In passato si sarebbe parlato di oggetti reali che, una volta acquistati, avrebbero garantito l'accesso alla loro controparte digitale. Ma nel futuro secondo Meta evidentemente non avremo bisogno di magliette nella vita vera. Tanto le serate le passeremo sul divano con un visore in testa mentre cantiamo una canzone dei BTS a un concerto virtuale, no?

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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