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Riforma europea sul Copyright

Riforma del copyright: trovato l’accordo tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE

Il Trilogo europeo formato da Parlamento, Consiglio e Commissione è giunto a un accordo sul progetto di riforma del copyright. Gli articoli più controversi rimangono presenti, ma con qualche modifica. Esclusi dagli obblighi Wikpedia e altre piattaforme software open source.
A cura di Lorenzo Longhitano
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La discussa riforma europea sul copyright fa un altro passo in direzione dell'approvazione finale. Nella giornata di ieri e al termine di negoziati che si protraevano da lunedì, Parlamento, Consiglio e Commissione UE hanno raggiunto un accordo sul testo della normativa sul diritto d'autore nel mondo digitale. Si tratta potenzialmente della fase finale del percorso di approvazione della norma, una fase che si è aperta settimana scorsa con un accordo tra Francia e Germania che ha rimesso in cammino la norma fino a farla finire sotto l'esame del cosiddetto Trilogo nonostante l'opposizione di diversi Paesi, tra i quali l'Italia.

Due dei punti più controversi sono rimasti sostanzialmente immutati. La nuova versione dell'articolo 11 — o link tax — prevede che gli editori possano concordare con le piattaforme e gli aggregatori online come YouTube, Facebook e Google News il compenso dovuto per mostrare ai loro utenti i contenuti ospitati sui siti originali. La novità è che la norma sembra ora escludere gli snippet — ovvero gli estratti brevi delle notizie — che si rivelano utili sia ai giganti del web che agli editori stessi, poiché servono per veicolare il traffico di nuovi visitatori sui propri portali.

Anche per quel che riguarda l'articolo 13 — o upload filter — l'impianto resta quasi del tutto simile a quello già tratteggiato nelle fasi precedenti e lascia nelle mani dei colossi del web la responsabilità di rimuovere i contenuti caricati dai loro utenti che violino il copyright altrui. Due le differenze: la prima è che anziché di obbligo di rimozione ora nel testo si parla di massimo impegno; la seconda — già prevista nella forma dell'accordo finalizzata settimana scorsa — è l'esclusione di enciclopedie online senza scopo di lucro, di piattaforme software open source e di tutte le realtà con meno di tre anni di vita, cinque milioni di accessi unici al mese e 10 milioni di euro di fatturato annuo, che non avrebbero le risorse economiche per mettere in campo un sistema di efficace per intercettare i contenuti coperti da copyright.

Dal Trilogo giungono dichiarazioni di pacata soddisfazione, ma c'è chi nel Parlamento Europeo (e non solo) continua ad essere fortemente critico della direzione che sta prendendo il provvedimento — anche di fronte agli ultimi cambiamenti proposti. Per fare un esempio, come fa notare l'europarlamentare dei Pirati Julia Reda, le startup che rispondono a tutti e tre i requisiti richiesti per l'esclusione dagli obblighi sono decisamente poche, mentre la posizione di tutte le altre rimane fortemente a rischio. Il prossimo appuntamento dell'accordo è con il Parlamento, che nelle sessioni di marzo o aprile dovrà approvarlo nuovamente con una votazione il cui esito non è ancora scontato.

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