L'Italia ha un superpotere incredibile: quello di riuscire a politicizzare qualsiasi notizia. Se poi questa notizia fa capolino in campagna elettorale, la reazione che ne deriva è fuori scala. E basta davvero poco. Anzi, bastano tre elementi: un brevetto, Amazon e il lavoro. Come i tre dettagli che compongono la notizia secondo la quale il colosso dell'ecommerce avrebbe depositato il brevetto di un bracciale in grado di monitorare la posizione delle mani dei dipendenti. Apriti cielo. In una situazione dove Amazon e i sindacati sono in piena guerra, si è appena usciti dal primo sciopero dei dipendenti su suolo italiano e siamo ad un passo dalle prossime elezioni politiche, la questione è deflagrata con toni apocalittici. Ovviamente solo da noi.
I primi a scagliarsi contro l'idea di Amazon sono stati il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: "La sfida è il lavoro di qualità e non il lavoro con il braccialetto", seguito da "Se un’azienda intende utilizzare nel nostro paese uno strumento con queste caratteristiche deve farlo nel rispetto della legge". Per la cronaca la legge, in Italia, dice che sistemi di questo tipo non possono essere implementati senza il consenso dei sindacati. Per la cronaca l'ex vice presidente di Amazon Diego Piacentini è il commissario del governo per il digitale e l’innovazione a Palazzo Chigi. Oggi si è accodato anche il Garante della Privacy Antonello Soro, che spiega: "Il bracciale elettronico per i lavoratori sarebbe in contrasto con l'ordinamento in materia di protezione dati non solo in Italia ma anche in Europa. Penso e spero che questa idea verrà rimessa in discussione". Ma quale idea? E ancora, Di Maio: "Se in Italia si possono mettere dispositivi sui lavoratori per controllarli è grazie al Job acts". Ma di cosa stiamo parlando?
Come funziona il bracciale
Si parla di un brevetto, ecco di cosa. Anzi di due. Di un'idea, non di un prodotto. Di un documento, non di un oggetto. Il funzionamento del "braccialetto che controlla i dipendenti" ha uno scopo specifico: velocizzare il lavoro di chi si occupa della merce all'interno dei magazzini Amazon, aiutandoli ad individuare la merce posizionata sugli scaffali. Come? A seconda del brevetto che si tiene in considerazione, tramite gli ultrasuoni o la trasmissione radio. In entrambi i casi l'idea è quella di localizzare le mani del dipendente che possono poi essere indirizzate verso la merce. Se ci si sbaglia, il bracciale vibra. Nulla di apocalittico, ma abbastanza per sollevare le polemiche: il bracciale consentirebbe ad Amazon di monitorare costantemente i lavoratori e li renderebbe ancora più degli automi impegnati in un lavoro ripetitivo. Ma così non è, nulla del sistema – che sfrutta sensori posizionati sugli scaffali – parla di monitoraggio da remoto.
Ora, il primo elemento fondamentale è uno: il bracciale non esiste. Non ancora, per lo meno. Ma esisterà mai? La risposta, ovviamente, non la possiamo avere ora, però possiamo fare due calcoli. Quando la notizia è stata pubblicata dalla testata Geekwire, nella mia mente si è accesa la solita lampadina: ecco un altro brevetto di Amazon. Già, perché quello del bracciale non è di certo il primo depositato da Amazon o da qualsiasi altra azienda tecnologica. Allora ho fatto una prova: ho cercato negli articoli pubblicati nella sola sezione tecnologia di Fanpage.it quanti pezzi abbiamo scritto sui brevetti pubblicati dalle aziende. Il risultato? Decine di notizie riguardanti brevetti più o meno strambi depositati dalle aziende. Ma quanti di quelli che hanno fatto discutere negli anni sono poi diventati prodotti veri? Il loro numero si conta sulle dita di una mano.
I brevetti (mai realizzati) di Amazon
Tenendo presenti solo quelli del colosso dell'ecommerce, negli ultimi anni abbiamo visto brevetti che parlano della scansione delle orecchie per sbloccare lo smartphone, del pagamento tramite selfie, dei magazzini volanti sopra alle città, dei droni dotati di paracadute, dei droni che si autodistruggono, di magazzini su treni, barche e autocarri e di specchi dotati di realtà aumentata. Nessuno di questo è mai diventato realtà. D'altronde ha senso: normalmente le aziende depositano i brevetti di quelle tecnologie che in linea di massima potrebbero tornare utili in futuro, in modo da assicurarsele. Per Apple sono nuovi concetti di smartphone, per Amazon nuovi modi per velocizzare il processo di consegna. Siamo nel 2018, è normale: tutto viaggia sul concetto di velocità, dalla consegna del pranzo a quella del nuovo videogioco. Ora, in un momento storico dove vogliamo la consegna della pizza ordinata tramite app in 20 minuti e ci indigniamo per le condizioni dei lavoratori di Foodora o Amazon, le aziende hanno una doppia responsabilità. Rendere più rapida la catena di produzione e agili i dipendenti, senza sfiancarli con ritmi assurdi. Come? Per esempio facendogli perdere meno tempo con percorsi inutili e strade fatte a vuoto. Che è proprio l'obiettivo del braccialetto ipotizzato dal brevetto. Il cui avvento in Italia, se mai dovesse avvenire, sarà possibile solo grazie agli accordi con i sindacati. E quindi con dei paletti. E quindi senza l'improbabile monitoraggio costante di cui tutti hanno paura.
Lo spiega Amazon: "Le speculazioni riguardo l'utilizzo di questo brevetto sono fuorvianti. Ogni giorno, in aziende in tutto il mondo, i dipendenti utilizzano scanner palmari per il controllo dell'inventario e per spedire gli ordini. Questa idea, se e quando dovesse essere implementata in futuro, verrà fatto nel pieno rispetto delle leggi e delle norme, con il solo obiettivo di migliorare il lavoro di ogni giorno dei nostri dipendenti nei centri di distribuzione. Muovendo le attrezzature verso i polsi dei dipendenti, le mani vengono liberate dall'utilizzo degli scanner e gli occhi non devono più guardare lo schermo. Tutte le tecnologie che abbiamo implementato fino a oggi hanno contribuito al miglioramento delle condizioni di lavoro nei nostri centri di distribuzione".
Come scrive Alessio Jacona su L'Espresso, "una ricerca Gartner rivela che sempre più aziende nel mondo (erano 2mila nel 2013, sono diventate diecimila nel 2014) mettono a disposizione gratuitamente dei loro dipendenti dispositivi wearable per il monitoraggio dell’attività fisica, della posizione geografica e di alcuni parametri vitali, donati in cambio dell’adesione a piani di fitness e benessere gestiti a livello corporate". Gli stessi, per intenderci, che molte persone utilizzano per tenere traccia della propria attività fisica. "Grazie a un semplice dispositivo commerciale, le aziende da un lato incentivano l’attività fisica dei dipendenti, mentre dall’altro raccolgono dati sul loro stato di salute, sulla loro resistenza fisica sotto stress, e quindi sulla loro competitività e affidabilità anche in campo professionale". Insomma, a fronte di questa situazione già presente nel mondo del lavoro, quella del braccialetto vibrante di Amazon sembra quasi uno scherzo. Ma siamo in campagna elettorale, no?