PROGETTO STRATEGICO AGENDA DIGITALE ITALIANA, ecco i piani del nuovo governo per la banda larga
Pochi giorni fa, lontano dai clamori dei telegiornali e della stampa, il Ministero per lo Sviluppo Economico ha pubblicato un documento di 120 pagine nel quale è contenuta la strategia per l'Agenda Digitale del nostro paese per i prossimi anni.
Il documento si compone di 3 parti, ovvero l'analisi dell'attuale situazione italiana riguardo alle reti e al digital divide, un resoconto delle attività portate avanti finora dai precedenti governi per l'attuazione della strategia digitale e i piani per le infrastrutture future.
Il contesto italiano
Il nostro giornale si è occupato numerose volte dell'analisi della situazione della banda larga in Italia. Il documento del ministero si rifà alle analisi su reti e penetrazione di internet portate avanti da istituti e organizzazioni come OCSE, Istat ed Eurostat, e traccia una realtà italiana ormai tristemente nota agli esperti del settore ma anche ai semplici internauti.
(cliccando su un punto qualsiasi della linea è possibile visualizzare il valore in un anno preciso)
Il testo stilato dal Ministero prosegue il progetto del Piano Nazionale Banda Larga approvato dal precedente governo senza apportarvi alcuna modifica ma ribadendo i principi che ne hanno condizionato le scelte. Ovviamente all'interno del documento sono continui i riferimenti ai consigli, divenuti poi diktat, dell'Europa e dell'Agenda Digitale Europea 2020 sottoscritta anche dall'Italia.
Pertanto ogni riflessione, indicazione e piano strategico presente nel testo esplicita la sua fedeltà ai dettami sovranazionali, una conditio sine qua non perchè il progetto non subisca alcuna modifica in corso d'opera da parte degli organismi europei. Non volendo entrare in merito nell'attività del precedente governo, il documento ribadisce quindi i principi cardine che lo hanno animato ma non prevede alcuna modifica al riguardo, né dal punto di vista tecnico o strategico, né nella tempistica, che contempla scadenze da qui a 2 anni che difficilmente verranno realizzate.
Il Piano Strategico presenta quindi di partenza un vizio di fondo. Il progetto infatti è totalmente incentrato sulla banda ultra larga, ovvero una connessione dotata di una velocità tra i 30 e 100mbps, qualcosa che per gli internauti italiani rappresenta una specie di miraggio. Il documento infatti non manca di osservare che oltre il 6% della popolazione vive nelle cosiddette “aree bianche”, come in precedenza osservato anche da un'indagine di S.O.S. Tariffe, ovvero zone non coperte dal alcun servizio internet o con velocità insufficienti ad eseguire le normali attività online.
Se la percentuale può apparire irrisoria (e non lo è affatto), basta considerare che se si escludono metropoli e grandi centri urbani la maggior parte del paese rientra in un'area grigia che di sicuro è ben lontana dagli standard previsti sia dall'Europa che dai piani teorici del Governo Berlusconi. Nel documento pubblicato dal Ministero di Passera si considera virtualmente concluso il piano per la banda larga e si delineano i progetti futuri per la realizzazione delle reti superveloci.
La realtà purtroppo è un'altra. Le scadenze previste per il Piano Nazionale Banda Larga sono ben lungi dall'essere raggiunte e per quanto qualsiasi utente non possa che accogliere con gioia l'idea di una rete iperveloce, il rischio è che si finisca per concentrare la maggior parte degli investimenti infrastrutturali nel grandi centri urbani, lasciando il resto del paese in una situazione analoga a quella che vive ora con la semplice Adsl.
In teoria nel Progetto Strategico è previsto un piano, che analizzeremo in seguito, proprio per evitare questo tipo di concentrazione, ma non tutte le modalità contemplate per l'attuazione del programma garantirebbero una reale crescita parallela a quella delle città maggiori. Un altro piccolo problema presentato dal piano sono le fonti obsolete. Per analizzare il numero delle unità abitative da raggiungere con le nuove infrastrutture il Ministero si è rifatto ad una indagine Istat del 2001, cioè vecchia di più di dieci anni. Un documento non certo attendibile, tanto che il dicastero ha dovuto far richiesta ai singoli gestori privati operanti nel nostro paese di collaborare per la stesura di un report sulla reale situazione italiana.
Il risultato non fa altro che confermare i dati negativi già rilevati da altre classifiche; su un totale di 16,4 milioni di case, solo 1,2 rientrano nelle aree nere, ovvero quelle coperte da più di un operatore. Ovviamente, se il discorso cade sulle connessioni iperveloci, le aree nere sono totalmente assenti dal suolo italiano. Con una situazione del genere, approssimata pesantemente per difetto, un piano di banda ultralarga rappresenta forse un passo un po' troppo lungo, a fronte di un contesto in cui i passaggi graduali nell'informatizzazione si sono rilevati più lenti del previsto.
Ecco perchè appare ancor di più inspiegabile che il dicastero sia intenzionato a coprire il 7,5% degli alloggi entro il 2013 con una banda minima di 30mbps, quando nello stesso documento è affermato che attualmente solo una percentuale molto minore (4%) gode di una copertura di più operatori per la normale banda larga. Il rischio è quello di una evoluzione del problema del digital divide che separa i grandi centri urbani ed industriali dal resto del paese, sopratutto per la conformità del nostro paese, che contempla poche realtà grandi a fronte di innumerevoli contesti più ridotti che verrebbero penalizzati soprattutto nella prima fase del progetto.
Il Piano Strategico va pertanto analizzato ed osservato dando per assolti gli impegni del precedente governo in materia di banda larga. Il progetto elaborato da Passera si incentra principalmente su due punti, banda ultra larga e data center. Entrambe sono esplicate in maniera chiara e tecnologicamente dettagliata, anche se sull'utilizzo dei data center il quadro appare a tratti nebuloso.
Progetti in corso
Una parte del documento è dedicata alle attività intraprese dal precedente governo e che verranno portate avanti dall'esecutivo a guida Monti.
Nello specifico:
- Piano di banda larga per l'azzeramento del digital divide italiano
- Asta delle frequenze in banda 800MHz a favore degli operatori di telecomunicazioni per lo sviluppo della banda larga mobile
- Norme di semplificazione amministrativa per velocizzare l'iter autorizzatorio alla posa di fibra ottica, per agevolare l'utilizzo di nuove tecnologie di scavo economicamente vantaggiose e per incrementare l'uso della rete internet mediante una più capillare diffusione di servizi di connettività wifi
- Incentivi alla domanda per incrementare la penetrazione di internet nelle famiglie italiane
- Misurazione della qualità del servizio internet a tutela del consumatore
- Sperimentazione di servizi Cloud Computing
- La realizzazione del database del servizio di connettività a banda larga e ultralarga nonché la predisposizione progettuale di un catasto delle infrastrutture per ottimizzare gli investimenti infrastrutturali avvalendosi delle infrastrutture esistenti in coerenza con il punto 45 della Comunicazione della Commissione 2009-C235-04 “Orientamenti comunitari relativi all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga”
- Accordi protocolli di intesa con le Regioni e gli enti locali per assicurarne raccordo e coordinamento delle attività
- Pubblicazione sul sito internet dell'Agenda digitale italiana per garantire trasparenza della prassi decisionale
- Partecipazione a workshop internazionali per la condivisione e disseminazione della pratica sperimentale.
Queste, in teoria, sarebbero le attività avviate da Romani ed ora nelle mani di Corrado Passera, ma non sono necessari osservatori particolarmente preparati per notare che molti di questi punti sono ben lontani dall'essere raggiunti, e considerarli già assolti per poter pensare al progetto di banda ultra veloce rischia di apparire quantomeno pretenzioso.
Gli effetti degli incentivi statali sul mercato fisso e mobile
Una delle osservazioni più interessanti presenti nel documento è quella relativa alla differenza tra gli effetti che gli incentivi statali hanno avuto sul mercato delle connessioni domestiche e mobili.
E' stato presa in esame la situazione di Telecom Italia, il gigante della telefonia che ha interessi in entrambi i settori. Si è osservato che a parità di contributi statali la crescita dei due rami non è stata parallela e simmetrica, ma ha visto un netto vantaggio delle connessioni mobili rispetto a quelle fisse.
Il perchè è presto detto. Immaginiamo un contributo stimato in 50 euro; l'importo appare chiaramente irrisorio all'atto della sottoscrizione di un abbonamento ad internet su rete fissa, i cui costi spalmati in un anno rappresentano una cifra di gran lunga superiore. Nell'acquisto ad esempio di una chiavetta internet invece, il peso dell'aiuto statale è maggiore ed è risultato più efficiente nella sua veste di contributo allo sviluppo ed alla diffusione delle connessioni internet.
Un'altra osservazione degna di nota è quella relativa alle aree wifi. Gli investimenti in tal senso rischiano di essere infruttuosi proprio a causa delle connessioni mobili di cui usufruiscono sempre più gli italiani, che rendono la presenza di zone wifi praticamente inutili, visto che ognuno avrà a disposizione internet non solo in aree dedicate, ma praticamente ovunque grazie solo al cellulare. Per quanto il wifi pubblico sia stato incentivato dal mancato rinnovo del decreto Pisanu (quello che rendeva obbligatoria l'identificazione di chi si connetteva) e rappresenti forse la forma più democratica per connettersi alla rete, va riconosciuto che a causa dell'avvento delle connessioni mobili individuali sia ormai una soluzione poco vantaggiosa.
Il Progetto di banda ultralarga per l'Italia
Il piano strategico prevede il cablaggio in fibra ottica per tutto il paese.
Le priorità indicate dal governo sono:
- aree maggiormente popolate
- aree industriali strategiche
- scuole
- strutture sanitarie
- tribunali
- aree strategiche per favorire la banda larga mobile
La filosofia di Passera relativamente ai piani di banda larga era già nota ed è stata fedelmente riprodotta nel documento. In sintesi lo sviluppo infrastrutturale del nostro paese non può affidarsi solo all'intervento di privati. Questo perchè i gestori sono naturalmente attratti dal semplice profitto, pertanto i loro piani di investimento non contemplano zone che non garantiscano un ritorno economico delle spese legate a reti ed infrastrutture. La conseguenza di ciò è uno sviluppo a macchia di leopardo, concentrato principalmente nelle zone maggiormente popolate e che ha portato il nostro paese ad avere veri e propri “buchi”, zone non coperte da alcun servizio o da velocità inadeguate. Si rende necessaria pertanto una partecipazione attiva dello Stato che vada ad intervenire nelle aree non interessate dagli investimenti dei privati.
Il progetto si divide in due fasi: nella prima gli interventi saranno mirati nel cablare gli snodi e le dorsali principali tramite tecnologia NGN, ivi comprese le stazioni radio per la trasmissione del segnale su reti LTE, le nuove connessioni mobili ultraveloci che arriveranno a brevissimo in Italia. La seconda fase prevede invece il famoso “ultimo miglio”, ovvero la connessione delle unità abitative alla rete centrale.
Modalità di intervento e relazioni pubblico-privato
Come abbiamo detto, il progetto di Passera prevede l'intervento dello Stato nelle aree non interessate dai gestori privati. La strategia del Ministero per lo Sviluppo Economico però non si limita a rilevare il “disinteresse”dei privati e ad agire in prima persona, ma ha sviluppato alcune strategie per spingere gli investitori verso zone di scarso interesse, oltre a concepire diverse forme di partnership proprio tra Stato e gestori telefonici.
Modalità diretta
Con questa modalità il Governo si fa carico totalmente degli oneri per la realizzazione delle infrastrutture principali e della connessione dei punti nevralgici come scuole, ospedali, e aziende alla rete principale, tramite l'istituzione di una bando pubblico all'interno del quale verranno inseriti come elementi di forza principi come il basso impatto ambientale (per la verità tenuto in gran considerazione nell'intero documento) e l'utilizzo di tecnologie all'avanguardia.
La rete rimarrà naturalmente proprietà dello Stato e la sua gestione verrà messa nelle mani di un soggetto concessionario che si occuperà di gestirne i diritti con gli operatori privati. Qualora le due cariche dovessero sovrapporsi (il concessionario è allo stesso tempo uno dei gestori assegnatari delle licenze) sono previste clausole per evitare eventuali posizioni di favore.
Partnership Pubblico Privata
Con la partnership diretta tra Stato e operatori il governo assegna l'intera opera infrastrutturale nelle mani di un gestore privato, selezionato sempre tramite gara pubblica. Il ritorno economico da parte degli investitori consisterà nella possibilità di utilizzare fin da subito le reti create, senza quindi il passaggio intermedio del concessionario, ma saranno prese tutte le precauzioni per evitare situazioni monopolistiche o di vantaggio.
Opportunità e sinergia
Pur essendo contemplato come modello a sé nel documento, in realtà si tratta più di un principio di buon senso che dovrebbe essere applicato a tutte le altre modalità. Questo punto stabilisce in pratica che le normali operazioni di scavo per la manutenzione ordinaria di strade, fognature, impianti elettrici prevedano eventuali lavori di ammodernamento della rete nella stessa zona in concomitanza.
Per quanto riguarda la fibra ottica, l'operazione di cablaggio rappresenta infatti il 70% dell'intera spesa, ed un coordinamento con altri tipi di “lavori in corso” che ciclicamente vengono effettuati nelle aree urbane porterebbe ad un risparmio economico enorme oltre ad abbattere l'impatto ambientale delle operazioni. Inutile dire che lo stesso principio dovrà essere applicato per le nuove costruzioni, siano esse ad uso abitativo che pubbliche o industriali.
Incentivi e claw back
Come abbiamo visto il Ministro Passera non si è limitato a prendere atto dei piani di sviluppo previsti dai gestori privati per il nostro paese ma ha studiato alcuni incentivi per spingere gli operatori ad investire nelle aree inizialmente ritenute poco interessanti sotto il profilo del ritorno economico. Dimenticate però gli investimenti a pioggia e rendiconti poco chiari; oltre all'obbligo di comunicare ciclicamente ed in maniera trasparente lo stato dei lavori, l'importo e la finalità degli investimenti e tenere una contabilità separata, è stato introdotto anche il principio di claw back.
In pratica i gestori saranno tenuti a restituire il contributo pubblico qualora il mercato (finora incerto) dovesse rispondere in maniera particolarmente positiva, secondo una particolare equazione contenuta all'interno del documento stesso.
Data Center e Cloud
Per quanto dia per assolto il piano del governo precedente in tema di banda larga, nonostante sia invece in alto mare, il documento presenta i progetti per la creazione delle nuove infrastrutture ultra veloci in maniera abbastanza chiara ed esaustiva, sia dal punto di vista strettamente tecnico che nelle applicazioni di questa innovazione.
Per quanto riguarda i Data Center e il cloud computing invece, la situazione è un po' meno chiara. Buona parte della sezione dedicata di occupa infatti di chiarire i requisiti tecnici dei nuovi Data Center, le modalità di costruzione e persino gli strumenti di raffreddamento, il tutto stabilito fino al minimo dettaglio.
Quando il discorso passa all'applicazione pratica, diventa improvvisamente generico e non vengono stabiliti gli utilizzi precisi di questa innovazione. Il documento infatti si limita ad affermare che “i Data Center sono infatti fondamentali per cogliere appieno i vantaggi della diffusione delle tecnologie di comunicazione e informazione, poiché contribuiscono ad aumentare ulteriormente l'interoperabilità di dispositivi, decentralizzando le applicazioni, le banche dati e i servizi in generale”.
In pratica nulla di più di quello che già si sa sul cloud computing, senza che venga esplicitata però alcuna applicazione pratica. In compenso una ventina di pagine sono dedicate alle specifiche tecniche dei nuovi Data Center, anch'essi, unica nota pragmatica, concepiti con lo sguardo sempre attento all'impatto ambientale.
Valutazioni finali
Come abbiamo già affermato in precedenza, il piano elaborato dal Ministero va letto sotto un'ottica viziata dall'ottimismo, che sconfina nella scarsa lucidità nell'osservare lo stato dei lavori. È unanimemente auspicabile che il nostro paese nel più breve tempo possibile si doti di connessioni iperveloci, magari anche a tariffe accessibili.
Aldilà dei buoni propositi è bene comprendere quale tipo di logica si celi dietro al progetto della banda iperveloce. Se si osserva la diffusione della tradizionale adsl, si può notare come a distanza di diversi anni dal suo arrivo il territorio presenti ancora numerosi buchi non coperti da alcun servizio o con connessioni insufficienti.
A questo punto le strategie future possono essere di due tipi; si può operare per estendere almeno il servizio base a tutto il paese per poi – in un secondo momento – provvedere all'ampliamento delle infrastrutture per le reti ultraveloci (ma i binari imposti dall'UE sono troppo rigidi in questo senso), oppure intervenire direttamente a livello globale con le connessioni in fibra ottica. Il progetto elaborato da Passera invece sembra ripercorrere lo stesso iter già visto con l'adsl standard, ovvero partire dai grandi centri urbani (affidati ai privati) per poi “diffondersi” (ma solo in teoria) a tutto il resto del paese (tramite intervento statale).
Il rischio è quello di mutuare il problema del digital divide mantenendo intatto il gap tra i centri abitati e le zone meno popolate, che rappresentano comunque una grossa parte del territorio, anche alla luce dei tempi biblici delle infrastrutture italiane.
Un'altra perplessità riguarda la questione delle connessioni mobili. Con l'arrivo della tecnologia LTE a breve le reti mobili offriranno performance pari o addirittura superiori a quelle “di terra”. Il documento accenna soltanto eventuali incentivi per le connessioni mobili, affidano la creazione e l'implementazione delle reti esclusivamente ai privati.
L'atteggiamento del Ministero pertanto delinea una netta preferenza negli investimenti per quello che riguarda le connessioni fisse, nonostante numerose ricerche indichino nel mobile il futuro delle connessioni, sia per il carattere di trasportabilità dei device come smartphone tablet, sia per ciò che riguarda le barriere naturali o strutturali.
La crescita delle connessioni mobili è stata di gran lunga superiore a quella delle reti tradizionali (anche a causa di un disinteresse delle istituzioni) e fa presagire futuri scenari dove le reti di terra saranno un semplice supporto alla tecnologia mobile. Maggiori investimenti in tal senso sarebbero auspicabili rispetto a piani quindicennali , che, tradotti in realtà, potrebbero necessitare di tempi decisamente più lunghi, diventando obsoleti prima ancora di essere conclusi.