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Apple, le strategie dietro al WWDC 2012

Quella che in apparenza è stata “solo” la conferenza mondiale degli sviluppatori di Apple nasconde al suo interno segnali in apparenza contraddittori da parte di Cupertino nei confronti del mercato. Le stesse contraddizioni che in passato l’hanno resa prima nel mondo e che continuano sotto la guida di Tim Cook.
A cura di Angelo Marra
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Riuscire a decifrare le strategie di Apple per il futuro è un po' come indovinare i sei numeri all'Enalotto; capita, ma è davvero molto difficile. Il contesto generale certamente non aiuta, con un mercato, quello tecnologico, che si evolve in maniera imprevedibile, condizionato da continui “boom” che in pochi anni sono in grado di stravolgere completamente il panorama. Se non si vuole ricorrere al solito esempio dei social network e della rivoluzione globale che hanno portato nella nostra società nel giro di pochissimo tempo è sufficiente dare uno sguardo all'evoluzione dell'hardware, con smartphone e tablet che in meno di un lustro hanno affossato il fiorente mercato dei personal computer, facendo incetta anche tra i luddisti più radicali. Qualcosa che difficilmente sarebbe stato prevedibile solo pochi anni prima, eppure è accaduto e quasi non ce ne siamo accorti.

In questo contesto evolutivo “random” il ruolo di Apple, inutile dirlo, è stato cruciale. Mai come nel colosso della mela morsicata si sono coniugati così alla perfezione la capacità di guidare un mercato così vitale, onnipervasivo e miliardario e al tempo stesso risultare indecifrabile anche agli analisti più esperti, spesso rimasti basiti da scelte all'apparenza incomprensibili. È come se l'azienda fondata da Steve Jobs vivesse in un mondo parallelo, incurante della logica dominante esterna eppure al tempo stesso integrata perfettamente con la nostra società e capace di coglierne ogni singolo anelito. Nonostante le continue battaglie contro gli agguerriti e depressi competitor, a partire dalla storica rivalità con Microsoft a finire con la più recente antipatia verso Google (lautamente corrisposta), Apple ha continuato placidamente a percorrere la sua strada, ben consapevole del fatto che anche i più riottosi, chi prima e chi dopo, avrebbero seguito la scia. È certamente questo uno dei motivi per cui, storicamente, nei suoi confronti non sono possibili emozioni contenute; la si ama o la si odia, si trascorrono ore accampati davanti agli Apple Store per acquistare per primi il nuovo iPhone o si dileggia l'amico che ha speso 700 euro per un telefonino (“che fa le stesse cose di uno che ne costa 200”).

THE NEW TIM COOK – In molti sono stati convinti che questa connotazione “ribelle” fosse legata all'icona Steve Jobs, il maestro, il guru (più un altro centinaio di appellativi aulici), la cui personalità istrionica avrebbe oscurato chiunque lo avesse seguito alla guida dell'azienda. Apple è quello che è grazie a Steve Jobs e questo è fuori discussione, ma il gigante di Cupertino ha dimostrato di avere imparato a camminare da solo, anche dopo la scomparsa del suo creatore. Tim Cook si è dimostrato una guida eccellente per condurre le strategie future di Apple; non soltanto in termini economici, mantenendo l'azienda sulla cresta dell'onda in un mercato così traballante ed incerto ma perseguendo quella strada ai più ignota che finora si è rivelata vincente, quella che porta a scelte, come ho detto prima, a volte incomprensibili. Il WWDC 2012 in tal senso è stato un caso emblematico, per diversi motivi, a partire dalla presentazione dei nuovi MacBook a finire all'addio alle mappe di Google.

LA BATTAGLIA NEI CIELI CON MOUNTAIN VIEW – L'iPad è il tablet più venduto al mondo. L'iPhone è lo smartphone più venduto al mondo. In questo contesto, voler dominare anche nel campo delle mappe e della navigazione può sembrare forse superfluo. Quando si sono diffusi i primi rumors che volevano Apple intenzionata ad abbandonare le mappe di Google, le prime ipotesi sono state subito di carattere economico. Il 25% del mercato pubblicitario su mobile è legato ai sistemi di geolocalizzazione ed anche all'azienda più capitalizzata al mondo quella fetta di mercato è sembrata senza dubbio interessante. Sottrarla poi a Mountain View, in pratica l'unico reale competitor sulla scena mobile, è di certo una bella soddisfazione.

A spingere Cupertino ad avventurarsi in un terreno nuovo, per altro monopolizzato da tempo da Google Map (che tutto sommato offre un servizio più che soddisfacente) e quindi ancora più difficile da attaccare, può essere stata anche la necessità di smarcarsi da una dipendenza, non soltanto verso Google ma in quanto tale. La politica di Apple è stata da sempre “autarchica”, con la progettazione dell'hardware e del software strettamente sotto il suo controllo ed è stata questa indipendenza che in passato le ha consentito di intraprendere in maniera autonoma strade diverse rispetto al mercato. I prodotti della mela non sono stati certo esenti da difetti o da pesanti critiche anche da parte dei fan ma tra queste le lamentele sul funzionamento dei sistemi di navigazione su mobile erano una percentuale di certo esigua. In poche parole, non si trattava certo di una priorità. Apple è ben consapevole, grazie ai feedback dei sui clienti, di quali siano i settori nei quali intervenire ma ha preferito prima di tutto staccare uno dei tentacoli che la teneva inevitabilmente legata ad un suo concorrente. Indipendenza, prima di tutto, per il resto ci sarà modo e maniera di intervenire.

APPLE E MACBOOK; UNA STRATEGIA IN CONTROTENDENZA – La vera sorpresa dell'ultima WWDC è però la strategia messa in atto da Cupertino nei confronti del mercato dei computer. Goldman Sachs poco meno di due anni fa, in un report in cui incoronava l'iPad come terminale del futuro, ha sentenziato la fine di pc e notebook in favore del crescente mercato dei tablet. Giganti storici dell'informatica del calibro di IBM e HP hanno iniziato a dismettere la produzione dei computer e il settore customers vede crollare le vendite dei “portatili” e schizzare quelle di iPad e similari. La stessa Apple ha profuso in questi anni un'incredibile quantità di energia per promuovere il tablet di famiglia, per perfezionare il suo sistema operativo rendendolo per molte operazioni di gran lunga più semplice rispetto agli OS dei pc. Qualcuno addirittura aveva ipotizzato che Cupertino nel giro di poco tempo convertisse l'intero sistema esclusivamente al settore mobile, come molte altre aziende stanno facendo, visto anche lo straordinario successo dei vari iPad e iPhone e la loro incredibile diffusione.

In effetti un addio c'è stato, quello del MacBook 17”, che in epoca di mobilità erano forse un po' troppi, ma dopo due anni dall'ultimo upgrade Apple sforna una nuova serie di computer, con buona pace di chi li dava già defunti. Non paga, in un settore in cui tutti i big stanno puntando più sulla riduzione dei prezzi vista la crisi economica (vedi il Google Nexus Tablet o il Kindle Fire), Apple glissa tranquillamente sulle ipotesi dei vari “mini” (iPad mini o iPhone mini) e mette sul mercato i portatili più costosi di sempre. Senza nulla voler togliere alla straordinaria restituzione grafica del Retina Display, alla potenza, alla leggerezza ed a tutti gli altri “feticci” che fanno la gioia dei geek, si tratta di una scelta di certo singolare. La filosofia alla base l'ha espressa proprio Tim Cook in un'intervista di qualche giorno fa a proposito della crescita esponenziale di Android: “a noi importa soltanto di realizzare lo smartphone migliore del mondo”. In questo caso parliamo di computer ma il ragionamento dev'essere il medesimo. Il prezzo, evidentemente, è solo un effetto collaterale.

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