"Un bavaglio inaccettabile" che, se sarà approvato dal Parlamento europeo, farà partire "una seria riflessione a livello nazionale sulla possibilità o meno di recepirlo". Sono le dure parole di Luigi Di Maio nei confronti della direttiva europea sul copyright approvata dalla commissione giuridica del Parlamento europeo che sta facendo molto discutere: una sua eventuale approvazione definitiva, sostengono gli esperti, potrebbe portare ad un profondo cambiamento del web per come lo conosciamo oggi. Così Di Maio, durante l'intervento di apertura dell'Internet Day e sul Blog delle Stelle, attacca la cosiddetta Link Tax, dichiarando che l'Italia contrasterà l'entrata in vigore della direttiva se dovesse essere approvata.
"Una linea controversa, proposta inizialmente dalla Commissione europea, che riporta due articoli che potrebbero mettere il bavaglio alla rete così come noi oggi la conosciamo" si legge sul blog. "Il primo prevede un diritto per gli editori, i grandi editori di giornali, di autorizzare o bloccare l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni introducendo anche una nuova remunerazione per l’editore, la cosiddetta link tax. Il secondo articolo è perfino più pericoloso del primo, perché impone alle società che danno accesso a grandi quantità di dati di adottare misure per controllare ex ante tutti i contenuti caricati dagli utenti". Il riferimento è agli articoli 11 e 13 della direttiva europea, fortemente criticati nel corso degli ultimi mesi proprio per le potenziali ripercussioni sul panorama online.
L'articolo 13: il controllo sul diritto d'autore
Come abbiamo spiegato su queste pagine, il nodo si è formato proprio attorno a questi due articoli e sull'art. 13 in particolare. La situazione in quest'ultimo caso è che ai giganti del web, come YouTube, Google, Dailymotion e Vimeo, non piace il fatto che la norma potrebbe obbligare loro a rimuovere contenuti che violerebbero il copyright. L'art.13 infatti prevede che le piattaforme, come quelle menzionate, devono bloccare tutto quello che gli utenti pubblicano sulle stesse usando contenuti che appartengono ad altri. Si potrebbe configurare che chiunque condivida un link di un articolo apparso su un sito di notizie venga rimosso perchè violerebbe il copyright dell'articolo stesso. Verrebbe meno quindi la condivisione e la divulgazione della stessa notizia. Inoltre, un altro punto su cui si concentrano le critiche è che l'articolo dà la possibilità alle piattaforme di apporre dei filtri non menzionando mai la parola, ma facendo riferimento ad una espressione generica come "tecnologie efficaci", senza offrire alcun dettaglio e lasciando spazio a diverse interpretazioni che, nei fatti, creano confusione.
L'articolo 11: cos'è la Link Tax
C'è poi la questione dell'articolo 11, cioè quello che prevede la "Link Tax". In pratica, la possibilità per gli editori di farsi pagare i diritti per la semplice pubblicazione del link ad un articolo, quando il link incorpora un estratto, un riassunto di notizia, quello che adesso fa "Google News" ad esempio. I diritti di copyright verrebbero estesi così al titolo, agli snippets (gli estratti), fino all'URL, la parte che identifica l'indirizzo di una risorsa web. La discussione nasce dal fatto che questa norma finirà per avvantaggiare i grandi editori, da sempre sul piede di guerra contro Google e Facebook per i mancati introiti riconosciuti (che adesso sarebbero garantiti dalla legge), ma costituirà uno svantaggio per i piccoli editori e blogger.
"Praticamente deleghiamo a delle multinazionali – e neanche loro credo lo vogliano – che spesso nemmeno sono europee, il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato. Cosa è giusto o sbagliato. Cosa i cittadini devono sapere e cosa non devono sapere" continua Di Maio. "Se non è un bavaglio questo ditemi voi cos’è un bavaglio. E pensiamo anche alle piccole e medie imprese di questo settore, che non avranno mai la potenza economica per affidarsi ad un algoritmo che decide cosa è giusto e cosa è sbagliato". Infine arriva l'attacco al voto del Parlamento europeo, nei confronti del quale "ci opporremo come governo e faremo tutto quello che è in nostro potere per contrastare la direttiva", perché "questo provvedimento ci riporterebbe indietro di vent’anni e consentirebbe di concentrare il potere nelle mani di poche persone, di poche piattaforme e di poche multinazionali".
Nel suo intervento Di Maio continua poi nel spiegare che le soluzioni "non passano per i bavagli, dobbiamo iniziare ad occuparci di come sviluppare una piena cittadinanza digitale", cioè investire sulla cultura del web e su un processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione omogeneo. Ma anche su un percorso di potenziamento delle infrastrutture di rete, proseguendo gli investimenti nel piano banda ultralarga e 5G. "Per fare questo non servono rivoluzioni, ma occorre puntare sul capitale umano" continua il Ministro. "Investire nelle persone per potenziare le competenze digitali di chi lavora nella pubblica amministrazione, anche in continuità con il passato. E in questo senso rivolgo un apprezzamento al team per la Trasformazione Digitale di Diego Piacentini".
"Investiremo ancora maggiormente per avere una banda ultra larga che copra tutta l’Italia, da Nord a Sud" conclude Di Maio. "Lo faremo perché questa azione rappresenta un moltiplicare economico per la nostra economia e per la creazione di posti di lavoro. "E immagino uno Stato che, per tutelare questo diritto, interviene e fornisce gratuitamente una connessione a Internet di almeno mezz’ora al giorno a chi non può ancora permettersela".
La Federazione Industria Musicale Italiana: "L'Italia non può contrastare la direttiva"
Tra le voci più critiche nei confronti delle dichiarazioni di Di Maio c'è quella della FIMI, la Federazione Industria Musicale Italiana che nelle ultime ore ha risposto al discorso del Ministro in riferimento alla "importante direttiva europea sul copyright che tutelerà artisti e creativi in rete riequilibrando una situazione discriminante creata anni fa". "La direttiva sul copyright all’esame del Parlamento affronta nodi importanti per lo sviluppo dei contenuti online ed è un passo avanti nell’innovazione digitale". ha spiegato Enzo Mazza, CEO di Fimi. "È chiaro che se queste sono le posizioni del Governo, allora queste risultano a favore di Google e Facebook: saranno infatti queste piattaforme a beneficiare dell’incredibile voltafaccia dell’Italia sul diritto d’autore".